Chiesa Parrocchiale di Marone

La parrocchiale di Marone si affaccia direttamente sul lago, preceduta da un ampio sagrato che un tempo scendeva verso la riva. Dedicata a San Martino Vescovo, divenne sede parrocchiale fra il 1532 e il 1572, con lo spostamento del titolo da San Pietro apostolo di Pregasso.

L’antica parrocchiale (oggi scomparsa)

Carlo Borromeo nella visita pastorale del 1580, quando Marone contava 786 anime, aveva trovato la parrocchiale come «così piccola da non poter contenere tutto il popolo» e, con un decreto del 1581, ordinava la costruzione di una nuova e più grande.

Il dipinto dell’Amigoni, la Madonna col Bambino e i santi Rocco e Sebastiano del 1643, la mostra orientata nord-sud, collocata sull’attuale sacrato e separata dal lago dal cimitero solo in parte cintato da muro e, dopo il 1862, chiuso da cancelli. La chiesa era ad aula unica con tetto a capanna che nel 1567 non era ancora del tutto completato, così come mancavano il confessionale e il battistero in pietra (tutte opere che, con altre, saranno concluse solo dopo la visita del Borromeo).
Fino al 1580 non aveva il portale frontale di accesso ma solo due entrate laterali.

La chiesa aveva tre altari, l’altare Maggiore, quello della Scuola del SS. Sacramento (dedicato anche a san Bernardino da Siena) e quello del Rosario.

La parrocchiale attuale

Il 27 giugno 1698 la comunità di Marone decide l’acquisto in contrada del Porto di San Martino dell’abitazione limitrofa da abbattere per costruirvi per ottemperare ai decreti Borromeo o per edificarne una nuova. Qualche anno più tardi sembrò che l’idea di una nuova fabbrica fosse abbandonata, tanto che il 20 marzo 1706 fu chiesta l’autorizzazione di restaurare e di ampliare la vecchia chiesa di San Martino, autorizzazione che veniva concessa con Ducale dell’11 luglio dal Doge di Venezia, Alvise Mocenigo.

Si ritornò, invece, all’idea della nuova chiesa, quando fu acquistato, nel 1708, un orto di proprietà di Lorenzo Ghitti, figlio di Antonio e cugino del parroco don Bartolomeo.

La facciata, su due registri, con coronamento mistilineo e la parte centrale sporgente, è scandita da lesene appoggiate su basamenti. L’ampio portale semilunato accoglie un grande stemma; particolarmente elaborate sono le cornici del finestrone centrale e delle quattro nicchie. La fronte fu completata negli anni 1927/1928 con le statue dei Santi Antonio abate, Carlo Borromeo, Martino e Pantaleone, opere degli scultori Luigi Mainetti e Severo Trotta di Marone. Alle stesse date risale l’affresco nella lunetta di Vittorio Trainini, di cui restano poche tracce.

L’attuale torre campanaria (1877) sostituisce un campanile più antico, abbattuto perché al completamento della costruzione settecentesca risultò più basso della facciata.

L’esterno è piuttosto semplice anche se caratterizzato da un’articolazione mistilinea nella fascia superiore dei fianchi, che evidenzia la scansione interna delle cappelle. A esso corrisponde un interno ad aula unica, con volta a botte, sei altari, otto nicchie contenenti statue dei Padri della Chiesa, e abside semicircolare. La decorazione è stata realizzata in diversi periodi: gli stucchi sono perlopiù della metà del ’700 e gli altari vanno dal secolo XVII (altare marmoreo a colonnine tortili della cappella di Sant’Antonio) alla fine del XVIII (in scagliola, della Vergine, dello scultore Martino Pasquelli di Pellio, 1798; i Misteri del Rosario sono attribuibili a Sante Cattaneo), al XIX; alcuni furono ristrutturati nel 1941.

Gli affreschi della volta, dell’arco santo e del presbiterio furono eseguiti nel 1740 dal bresciano Domenico Voltolini e dai suoi collaboratori. Raffigurano, entro pregevoli stucchi bianchi e dorati: San Martino in gloria, Episodi della vita di san Martino, l’Annunciazione, l’Adorazione dei Magi, il Compianto su Cristo morto, l’Assunzione, la Cacciata di Eliodoro, e Angeli recanti filatteri e vari simboli.

Di Voltolini sono anche le pale della Sacra Famiglia con i santi Antonio di Padova e Ignazio di Loyola, e dell’Ostensione della Croce con santi, martiri e angeli, come i piccoli affreschi entro cornici in stucco all’imbocco delle cappelle, molti dei quali ridipinti. Il grande e modesto affresco con la Crocefissione nella controfacciata è di altra mano, sempre settecentesca. Nell’abside, la smagliante pala con l’Immacolata e i santi Martino, Pantaleone, Carlo Borromeo e Antonio abate, entro un’incorniciatura a stucco dorato (Giovanni Battista Locatelli, 1800-1802), forse parzialmente ritoccata, è stata giustamente assegnata a uno dei pittori più interessanti del ‘700 bresciano: Giuseppe Tortelli di Chiari.

L’altare marmoreo della cappella maggiore è fra le opere più rilevanti dello scultore bresciano Antonio Calegari e comprende il medaglione con il Sacrificio di Isacco (firmato e datato 1742), due Angeli oranti e i due Santi che affiancano il tabernacolo.